LEONIS
BAP. ALB. AD ILLUSTRISSIMUM PRINCIPEM D. MELIADUSIUM MARCHIONEM
ESTENSEM EX LUDIS RERUM MATHEMATICARUM
Conosco
che io fu' tardo a satisfare in questo mio opuscolo a' desideri
vostri. E benché di questa mia tardità io possa
allegare molte scuse e cagioni, pure mi diletta più rimettermi
all'umanità e facilità vostra e dimandare perdono
se io errai. Forse arò satisfattovi, quando in queste cose
iocundissime qui raccolte voi prenderete diletto sì in
considerare sì ancora in praticarle e adoperarle. Io mi
sforzai di scriverle molto aperte; pure mi conviene rimentarvi
che queste sono materie molto sottili, e male si possono trattare
in modo sì piano che non convenga stare attento a riconoscerle.
Se vi saranno grate, sarò molto lieto. E voi, se altro
più desiderate, quando lo sentirò, mi sforzerò
di satisfarvi. Per ora siavi grato questo, nel quale troverete
cose molto rare. Raccomandovi Carlo mio fratello, uomo a voi e
alla famiglia vostra deditissimo. Valete.
Se
volete solo col vedere, sendo in capo d'una piazza, misurare quanto
sia alta quella torre quale sia a piè della piazza, fate
in questo modo. Ficcate uno dardo in terra, e fermatelo ch'egli
stia a piombo fermo, e poi scostatevi da questo dardo quanto pare
a voi, o sei o otto piedi, e indi mirare alla cima della torre
dirizzando il vostro vedere a mira per el diritto del dardo, e
lì dove il vedere vostro batte nel dardo, fatevi porre
un poco di cera per segno, e chiamisi questa cera A. E
più, a stato e fermezza delli vostri piedi e viso quale
mirasti la cima, mirate giù basso il piè della medesima
torre, e qui simile, dove al dardo vostro batte il vostro vedere,
ponete un'altra cera, e chiamisi questa seconda cera B.
Ultimo, mirate qualche luogo in detta torre noto a voi e atto
a potersi facilmente misurare col vostro dardo quando v'appressate
alla torre, come sarà forse l'arco dell'uscio o qualche
pertuso o simile posto in basso. E come facesti mirando la cima
e mirando il piè della torre, così qui fate, e ponetevi
una terza cera nel vostro dardo dove batte il vostro mirare. Questa
è cosa nota, e chiamasi questa terza cera C, come
qui vedete la pittura.

Dico
che quante volte entra la parte del dardo quale starà fra
la cera B e la cera C, in quell'altra parte del
dardo quale starà fra il punto A e il punto B,
tante volte quella parte bassa della torre nota a voi entra in
quella di sopra ignota prima da voi. E per più chiarezza
e pratica di questa dottrina, sievi questo per essemplo a numeri.
Sia alta la torre piedi cento, e nella torre l'arco della porta
piedi dieci, troverete nel dardo simile ragione, cioè che
come quella parte della torre, dieci, entra nella maggiore e superiore
parte nove e in sé una delle dieci parte di tutta la torre,
così la parte del dardo AC divisa in nove parte
sarà tale che ella riceverà nove volte BC,
el decimo di tutto AB. E così mai errerete, purché
al porre de' punti vi troviate sempre con l'occhio al primo stato.
Questo medesimo potete fare con uno filo apiombinato, facendolo
pendere dinanzi da voi e segnando le mire vostre con tre perle
come altre volte vi mostrai.
Misurate
in questo modo l'altezza d'una torre della quale niuna parte a
voi sarà nota, ma ben potete andare sino al piè
della torre. Ficcate in terra come di sopra dissi un dardo, e
scostatevi da questo dardo quanto vi pare, e ponete l'occhio giù
basso alla terra, e indi mirate la cima della torre, dirizzando
il vedere vostro per mezzo la dirittura del dardo, e lì
dove il vedere taglia el dardo ponete una cera, e chiamasi la
cima del dardo A e il piè B, questa cera
postavi C, e l'occhio vostro D, come qui vedete
figurato.

Dico
che la parte del dardo quale sta fra C e B, entra
tante volte nella distanza quale sta fra B e D,
cioè fra l'occhio vostro e il piè del dardo, quante
volte l'altezza della torre entra nella distanza quale è
fra l'occhio vostro e il piè della torre. E per essemplo,
sia la torre alta piedi cento, e l'occhio vostro sia distante
dal piè della detta torre piedi mille; troverrete nel vostro
dardo che la mira risponde pure simile, cioè come cento
entra in mille dieci volte, così C e B entra
in DB pur dieci volte. Adunque voi misurate quante volte
CB entra in DB, e secondo il numero saprete quante
altezze della torre entrano in tutta la distanza che sia fra l'occhio
vostro e il piè della torre sanza niuno errore. E questo
medesimo potete pur fare col filo, signato il punto C con
la sua perla.
Pare
ad alcuni più breve via tanto appressarsi alla torre che,
stando voi a iacere e toccando co' piedi el dardo fitto in terra,
come è detto di sopra, la mira alla diritta della cima
della torre batta nel dardo alto quanto proprio sia dall'occhio
vostro a' piedi. E dicono il vero, che tanto sarà dal piè
della torre all'occhio vostro, quanto dal medesimo piè
perfino alla cima. Altri danno modi quali sono verissimi e utili,
e dicono:
Togli
uno specchio, o più presto qualche scodella piena d'acqua,
e ponla in terra, e discostatevi da essa, sempre volgendo il volto
alla torre e alla detta scodella, per insino che tu veda in quella
superficie dell'acqua ripresentata la cima della torre, e troverrete
che quante volte lo spazio che sia fra l'occhio tuo e' piedi tuoi,
entra nello spazio che sia fra' piedi tuoi e lo specchio, tante
volte entra la torre nello spazio che sia fra lo specchio e il
piè della torre. Siavi questo essemplo. Chiamisi la cima
della torre A e il suo piè B, lo specchio
C, l'occhio D, e il sito vostro dove sono e' vostri
piedi si chiami E, come qui vedete la pittura.

Dico
che se AB sarà piedi cento, e BC sarà
piedi mille, troverete pari ragione fra CE e DE,
cioè che come cento entra in mille dieci volte, così
DE entra in CE volte pur dieci.
Se
vorrete misurare l'altezza d'una torre dove non vi potete appressarvi,
ma ben vedete il suo piè e la sua cima, vi conviene trovare
modo di sapere quanto sia lo spazio fra voi e il piede d'essa
torre, a questo fine, però che se saprete ben corre questo
spazio, allora con le misure sopra recitate saprete bene intendere
sua altezza. Per sapere questa distanza vi sarebbe il modo qual
porremo qui di sotto, atto a misurare ogni distanza, massime quando
ella non sia molto lontana. Per misurare le molte lontane vi darò
modo singulare.
Misurerete
la larghezza d'un fiume, essendo in sulla ripa sua, in questo
modo. Ponetevi co' piedi in luogo piano, e lì ficcate in
terra uno dardo, come dicemmo di sopra, e chiamisi questo dardo
AB. In questo dardo, proprio all'altezza dell'occhio vostro
ponete segno una cera, e chiamisi questa cera C. Poi scostatevi
da questo dardo AB quanto aprite le braccia, e ficcate
ivi un altro dardo come di sopra, e chiamisi questo secondo dardo
DE; e in questo DE ponete simile una cera proprio
all'altezza dell'occhio vostro, e chiamisi F. Tenete l'occhio
giunto a questa cera F, e mirate per dirittura del dardo
AB qualche cosa nota di là dal fiume qual sia in
sulla ripa, come sarebbe uno cespuglio o qualche luogo o sasso,
e chiamisi questa cosa G; e dove mirando il vostro vedere
taglia el dardo AB, vi ponete un'altra cera, e chiamisi
questa cera H, come qui vedete la pittura.

Dico
che se misurerete lo spazio fra la prima e la seconda cera del
primo dardo, cioè in AB lo spazio CH, quante
volte egli entri fra lo spazio che sta fra l'uno dardo e l'altro,
cioè CF, tanto troverrete che HB entra in
BG, cioè lo spazio quale è nel primo dardo
e il cespuglio quale voi mirasti. Eccovi l'essemplo a numeri.
Sia il fiume largo passi trenta, e sia lo spazio CB e simile
lo spazio FE uno passo; el punto H sarà distante
dal punto C tanto ch'ello pari entrerà in FC
tante volte quante entra HB in BG, cioè trenta
volte, e più se HC entra in CF trenta volte,
FE entra in EG pur trenta volte, che sarà
largo il fiume trenta volte quanto è dall'occhio vostro
al piè.
Eccovi
un'altra via molto espedita. Se il paese dove voi sete sarà
piano, fate come qui dicemmo di sopra. Ponete due dardi e segnate
tutto come dissi CFH, e pigliate la misura quanto sia fra
C e H, e ponete una cera a quella medesima misura
sotto F nel dardo DE, quale cera si chiami I.
E poi ponete l'occhio vostro che tocchi el primo dardo, cioè
AB, proprio nel punto C, e mirate per dirittura
della cera I posta nel secondo dardo FE, e dove
il vedere vostro batte in terra sul piano là oltre a lungi
dal dardo FE, ivi fate porre uno segno, uno sasso o che
vi pare, e chiamisi questo segno K, come qui di sotto vedete
dipinto.

Troverete
che tanto sarà dal segno K per insino al dardo AB,
quanto dal segno G quale sta di là dal fiume, per
insino al dardo DE; misura certissima, ma questa che segue
sarà più maravigliosa, benché la sia alquanto
laboriosa ad intendere.
Se
vedrete d'una torre solo la cima e nulla altra sua parte, e volete
sapere quanto sia alta, fate così. Ponete, come è
detto di sopra, il vostro dardo fitto in terra, e ponete l'occhio
a terra e mirate la cima della torre, e segnate con una cera dove
il vedere vostro batte, e chiamisi el dardo AB, la cima
della torre C, el punto dove ponesti l'occhio D,
la cera che ponesti nel dardo E. Fatto questo, tiratevi
più adrieto, e simile da basso mirate la detta torre, e
segnate dove testé batte el vostro vedere nel dardo, e
chiamisi questa seconda cera F, e dove ponesti l'occhio
si chiami G, come qui vedete dipinto.

Convienvi
considerare che in questa figura sono quattro triangoli, de' quali
questi due sono a voi noti, cioè FBG maggiore e
l'altro EBD minore. Per questi verrete in cognizione di
tutti e' triangoli massimi chiamati l'uno CHG, l'altro
CHD, e voi intenderete pe' modi recitati di sopra come
la linea DB risponde alla linea EB nel suo triangulo,
così la linea GH nel triangolo massimo risponde
alla linea HC. Adunque misurate per questa ragione e comparazione
quante volte DB entri in EB, qual poniamo per essemplo
facile che l'entri due volte, seguita che CH sia duo tanti
quanto HD. E più misurate quante volte BG
entra in BF, qual metto caso che entri tre, seguita che
CH sia il terzo di HG. E simile seguita che da DH
sono due e da GH son tre numeri. Non sapete questo numero
quanta quantità e' sia, s'egl'è braccia o passi
o che. Eccovi il modo. Se DH son due e HG son tre,
seguita che HG avanza HD d'uno, e quello che gli
avanza è DG. Adunque esso DG è un
terzo. Misurate questo DG, quale se sarà passi dieci,
tutto HG sarà trenta. Di qui argomentate in questo
modo. Se la torre CH entra in tutto questo spazio HG
tre volte, e DG è il terzo e simile entra lui in
tutta GH tre volte, chi dubita che la torre HC è
lunga quanto è questo spazio DG? Ma questo spazio
DG è dieci; adunque la torre uguale a questo spazio
sarà ancora lei pur passi dieci. E così vi seguirà
in tutte le cose misurerete, simile ragione sottili ma molto utili
a più e più cose, quale appartengono a misurare
e anche a trovare i numeri ascosi.
Con
questi perfino a qui recitati modi di misurare, potete simile
misurare ogni profondità, ma per essemplo ne porremo qualche
modo certo.
Misurate
quanto sia profondo cavato fino all'acqua un pozzo solo col vedere
in questo modo. Traversate una cannuccia dentro al pozzo giù
basso quanto più potete giugnere con la mano, e fermatela
che la vi stia ben ferma da sé. Poi vi ponete l'occhio
vostro all'orlo del pozzo in luogo ch'egli stia proprio a piombo
sopra il capo della cannuccia, e sia questo luogo tale che indi
possiate vedere el fondo del cavato, cioè per insino all'acqua,
e mirate là giù a quell'acqua l'orlo della superficie
in quel luogo quale proprio risponde a piombo sotto l'altro capo
della vostra cannuccia, e chiamasi questa cannuccia, il capo lontano
da voi A, l'altro capo B presso a voi, l'occhio
vostro C, el basso del pozzo sopra dell'acqua D.
Fatto questo, mirate il luogo dell'acqua detto D, e dove
il vedere vostro batte nella cannuccia, ponete una cera per segno,
e chiamisi questa cera E, come qui vedete figurato.

Dico
che quante volte EB entrerà in BC, cioè
quante volte lo spazio che sta nella cannuccia fra E B entra
nella parte del pozzo quale sta fra l'occhio vostro insino al
capo della cannuccia posto a piombo sotto l'occhio vostro, tante
volte AB, cioè tutta la canna, misura tutto il profondo
del pozzo. Eccovi l'essemplo. Sia profondo il pozzo braccia ventuno;
sia AB, cioè la cannuccia, e la larghezza del pozzo
braccia tre. Entrerà adunque AB sette volte in tutta
la profondità. Così troverete misurando come dissi,
che EB entra in BC tante dette che sono le cannuccie
quali misurano el vostro pozzo. Non mi estendo qui in misurare
queste profondità, però che voi per vostro ingegno
a questa similitudine tutto comprenderete. Ma non preterirò
qui certo modo posto dagli scrittori antichi, atto a misurare
una profondità d'una acqua molto cupa, quale sarebbe le
valle di Adria o simile ancora più profonde.
Se
volete misurare la valle quanto sia profonda, quale non si trovi
fondo con lo scandaglio né con molte fune, fate così.
Abbiate un vaso atto a tenere acqua, sia bossolo o tazza o che
vi piace; fatele nel fondo un piccolo pertuso. E abbiate una galla
di quercia, e appiccatevi un ferretto minuto fatto simile a una
figura d'abbaco quale importi 5, e di questo ferretto quel gambo
maggiore, ficcatelo in questa galla per insino alla metà
sua; l'altro mezzo avanzi fuori della galla. Abbiate piombini
atti di peso quanto vi pare, che sforzino la galla vostra a ire
al fondo dell'acqua, e questi piombini sieno fatti in questa forma
quale qui vedete dipinta, simile il vaso e simile la galla.

Appiccate
uno di questi piombini alla vostra galla come vedete la pittura,
e ite in luogo dove a voi sia noto e misurato lì quanto
sia el fondo dell'acqua, e qui empiete il vostro vaso d'acqua;
e sia l'acqua pura, e pesate l'acqua con tutto il vaso bene a
punto quante once e quanti grani ella si sia. Fatti questi apparecchiamenti,
a un tratto lasciate ire la galla col suo piombo in acqua, e insieme
aprite l'acqua ch'ell'esca del vaso. Qui la galla tirata dal piombo
andrà insino al fondo. Giunto che sarà il piombo,
el capo suo segnato C toccherà prima il terreno
e fermerassi, e il capo B simile declinerà a terra,
e indi la coda A appiccata all'angulo del ferruccio si
distorrà dal luogo suo, e la galla libera rivolterà
suso ad alto. Siate presto e chiudete col dito che nulla più
acqua esca del vaso, e pesate quanta acqua vi resta e quanta ve
ne manca, e notate in questo tempo che la galla andò e
ritornò tante braccia quanta acqua si versò. Non
mi estendo; credo assai comprenderete che con questa misura vi
sarà facile il misurare el profondo dell'oceano, purché
l'acqua sia non corrente.
Con
queste simili ragioni e vasi si fanno orilogi assai iusti; e per
misurare il tempo ad ore e mezze ore e simile, molte cose sono
accommodate. Insomma ogni cosa in cui sia alcun moto, sarà
atta a misurare il tempo, e di qui son tutti gli orilogi fabricati
come quelli dove certi pesi cerca posarsi in terra, quali sono
e' contrapesi, la polvere, l'acqua e simili.
Ancora
si fa orologi col fuoco e con l'aria. Hanno certi stoppini di
talco, e notano quanto peso d'olio ardano per ora, e così
al bisogno accendono il loro stoppino, e assai loro risponde iusta
questa ragione. L'orologio quale si fa a vento, è cosa
molto gioconda, però che questa è una fonte fatta
che, posta in tavola certo spazio di tempo, ella butta acqua in
aria per forza d'aria, quale sputa fuori, e sta così.
Voi
avete un vaso lungo tre palmi o quanto piace a voi, del quale
e' labri di sopra si chiamino AB, e il fondo di sotto si
chiami CD. A questo vaso voi ponete due altri fondi alto
l'uno dall'altro una spanna, e chiamisi il primo sopraposto fondo
EF; el secondo, cioè quello ch'è sopra più
presso al labro di sopra, si chiami HG. Questi fondi e
questo vaso tutti sieno bene stagnati che nulla per alcun luogo
respiri. Nel fondo GH, cioè nel supremo, fatevi
un foro, e stagnatevi una canna busa quale vi stia entro a perpendicolo,
e passi sotto questo fondo GH per insino al fondo EF
apresso, e di sopra avanzi sino alto fuori de' labri AB;
e chiamisi questa cannella IK. Simile fate che vi sia un
altro pertuso in questo medesimo fondo GH, e simile sotto
questo a perpendicolo sia ancora nel fondo EF un foro;
e per questi due fori ponetevi un'altra cannella perforata che
passi l'uno dall'altro fondo, cioè GH e EF,
e vada il capo di questa cannella giù basso fino apresso
il fondo CD, e dal lato suo di sopra rimanga uguale al
fondo GH; e chiamisi questa cannella, el capo di sopra
L, di sotto M. Item nel fondo EF sia
un foro entrovi fitta una cannella, quale el capo suo abasso sia
uguale al detto fondo EF, e chiamisi O; el capo
alto sia per insino sotto presso al fondo GH, e chiamisi
N. Saranno adunque, come qui vedete la pittura, tre fondi
l'un sopra l'altro, cioè CD e EF e GH,
e tre cannelle: IK quale solo passa el fondo GH;
LM quale passa un fondo EF e aggiunge al fondo GH;
NO quale passa el fondo EF. Aggiungete al fondo
GH un foro sanza niuna cannella, pel quale si possa empire
il vaso d'acqua, come più giù diremo, e chiamisi
il detto foro P, come qui di sotto vedete figurato.

Empiete
d'acqua per el buso P quella parte quale sta fra el fondo
GH e il fondo EF, e turate bene il detto buso P
che nulla più acqua entri né esca. Poi turate la
bocca L della cannella LM, e empiete il vaso d'acqua
di sopra la parte che sta fra' labri A B e il fondo GH.
Quando tutto sarà in punto, sturate la bocca L
della cannella LM. L'acqua girà nella parte giù
fra EF e CD, quale empiendosi l'acqua pignerà
l'aria che v'era e manderalla per la cannella NO nella
parte del vaso fra EF e GH. Indi l'aria pignerà
l'acqua per la cannella IK, e quanta vi sarà aria,
tanto durerà el suo impeto a pignere fuora l'acqua: giuoco
molto delettevole.
Nel
numero degli orologi sono ottimi e certissimi quelli che notano
el moto del sole e delle stelle, e questi son molti e vari come
astrolabio, el quadrante, le armille, e quelli anelli portatili
quali io soglio fare, e simili. E di questi la loro ragione è
da molti scritta, e cosa prolissa. Ma quanto sia atto a questi
ludi quali io racconto, sarà questo: quasi tutti si regolano
con la linea del mezzodì, però che ella è
più iusta e più coequabile che termine alcuno del
cielo. Adunque dico che se volete trovare in ogni paese qual sia
proprio il mezzo, fate così.
Ficcate
in terra in luogo piano il vostro dardo, come di sopra, ch'egli
stia ben diritto; e quando sia dopo desinare inanzi nona, abbiate
un filo, legatelo a piè di questo dardo, e proprio dove
finisce l'ombra al sol di questo dardo, terminate il filo e fate
girando un circulo intorno al dardo in terra. Sarà adunque
il ferro fitto del dardo centro di questo circulo, e chiamisi
A. Dove proprio finisce l'ombra del dardo sul circulo si
chiami B. Lasciate stare così il dardo. In sul punto
B ficcate uno stecco. Poi indi a una ora tornate; vedrete
l'ombra del dardo battere altrove. Aspettate ch'ella proprio aggiunga
a toccare il vostro circulo, e segnate con un altro stecco questo
luogo qual sarà più verso donde si leva il sole,
e chiamisi questo stecco segno C, come qui vedete la similitudine.

Dividete
la linea BC, cioè la distanza quale sta fra l'uno
stecco e l'altro, in due parti equali, e chiamasi D, e
dal punto A entro del circulo tirate un filo a questo D.
Questa dirittura proprio mira il mezzo dì in quel luogo.
Con questo potete porre quadranti da sole iusti, e ogni simile
cosa.
Per
conoscere l'ore della notte sanza altro instrumento che solo col
vedere, farete così. Notate la sera, quando appariscono
le stelle, dove sia la tramontana, stella assai nota, e ponete
mente sopra quale albero o torre o camino o simile ella risponde,
sendo voi in questo certo luogo; e notate di tutte le stelle che
sono circa la tramontana qualcuna di quelle grande, quale possiate
facile riconoscerla, e simile segnate qual mira in su questa ora
ella stia. Sappiate che in ore ventiquattro quella stella ritorna
proprio a questo sito, adiritta a questa mira, e tuttora gira
a torno alla tramontana. Adunque voi la notte, quando poi volete
iustare l'ora, vedete di tutto el cerchio quanta parte ella corse.
Verbigrazia, ella fece la quarta parte del cerchio, son passate
sei ore; se 'l terzo, otto, e simile. Per ritrovare la tramontana
si dà certo mezzo. Alcuni lo chiamano Carro, alcuni Corno
a similitudine; e sono alcune stelle situate come qui vedete la
pittura.

Se
a vista piglierete per lo cielo una linea qual vada per le due
stelle maggiori che stanno pari di dietro a questa così
fatta situazione di stelle, andando troverrete una non piccola
stella, né etiam molto grande. Questa prima stella
sarà dessa, e sarà scosta da queste due dette stelle
forse 3 1/2 volte quanto sia di quelle due l'una dall'altra. Chiamano
el vulgo alcuni quelle stelle le Rote del Carro, alcuni la Bocca
del Corno. Ma eccovi la lor forma.

Ma
torniamo a quanto mi chiedesti, e diciamo delle ragioni di misurare
e' campi. Gli scrittori antichi, presertim Columella, Savazorda,
e altri commensuratori, e Leonardo pisano fra' moderni, molto
s'estese in questa materia. È cosa prolissa e dotta. Ma
io vi raccolsi le cose più gioconde, e ancora sono utili
al bisogno. Non racconto per brevità quante sieno le forme
de' campi quadrati, e più lungo che largo, e più
stretto da un capo che dall'altro, e di tre lati, e di molti lati,
e rotundo, e parte d'un tondo, e simili. Tanto dico ch'e' campi
sono co' sua lati o tutti tondi, o linee dirette, o parte diritte
parte d'arco, o composte di più archi, come qui vedete
le loro varietà segnate.

Voi,
se volete misurarle, fate così; e cominciamo da quelli
che ha e' lati tutti diritti. Se il campo arà e' lati diritti
e i cantoni suoi saranno a squadra, e lui sarà molto facile
ad intendere quanti piedi sia tutto quadrato, e farete così.
Pigliate un de' lati qual volete, e notate quanti piedi e' sia
dall'un capo all'altro. Quando sete da capo, continuate e volgete
a lato l'altra sponda del campo e misuratela. Forse troverrete
che l'uno di questi lati fu dieci passi e l'altro pur dieci. Multiplicate
l'un numero nell'altro. Chi annovera dieci per infino a dieci
volte arà cento. Adunque sarà cento passi quadrato.
Se forse fu dieci per questo e venti per quest'altro, venti volte
dieci fa duecento.
Se
e' sarà di tre faccie e uno de' suoi cantoni sarà
pure a squadra, fate così. Pigliate uno de' lati che termina
su il suo cantone del quadro, e annoverate quanti passi egl'è.
Poi simile annoverate l'altro lato che simile termina a quel medesimo
cantone dello squadro, e come facesti di sopra, multiplicate l'uno
nell'altro, e di tutta la somma multiplicata togli la metà,
e questo sarà il vostro campo. Verbigrazia, sia l'un lato
passi dieci, l'altro pur dieci, farà cento. La metà
sarà cinquanta, e così sarà il vostro campo
fatto a tre canti.

Se
'l campo non sarà di queste due forme dette e pur sarà
terminato con linee rette, fate così. Abbiate una squadra
grande, e cominciate da uno dei lati quale vi pare più
atto, e secondo che vi termina la squadra, dirizzate e' fili e
cavatene tutti e' quadrangoli, e fate come di sopra multiplicando
loro insieme. E simile, se rimane triangoli, fate con la squadra
vostra di notare gli angoli retti dividendo dove vi pare il luogo
più atto, e accogliete le somme, e starà bene. Qui
per darvi qualche similitudine posi essemplo del modo di dividerli.

E
notate che la squadra conviene che sia ben grande a volerne avere
buona certezza. La grande squadra meno erra.
Farete
col filo una squadra ottima così. Cominciate dal primo
capo del vostro filo e misurate tre passi, e lì fate un
nodo. Poi da questo nodo più oltre ancora misurate per
insino ancora passi quattro, e qui fate il secondo nodo, e indi
ancora seguite e pure misurate, e quando sete in capo di passi
cinque, fate il terzo nodo. Arete dunque in tutto questo filo
misurato passi dodici. Raggiugnete il terzo nodo col primo capo
e ponetelo in terra, e lì ficcate uno stecco. Trovate il
primo nodo, tirate il filo a terra e lì ponete l'altro
stecco. Poi ultimo trovate l'altro nodo e simile lì ponete
il terzo stecco. Arete un triangulo a squadra iustissimo. Sarà
a squadra quello angulo che sta al nodo in mezzo de' passi <tre
e> quattro.

Sono
alcuni che misurano il filo cinque e poi pur cinque e poi
sette, e fanno come noi un triangulo. Questi errano, però
che i quadrati loro non rispondono a pieno: màncavi delle
cinquanta parti l'una. E questo basti pe' campi che hanno le linee
rette.
Se
'l campo sarà circulare, bisogna pigliare la sua larghezza
e multiplicarla tre volte e un settimo. Verbigrazia, se sarà
largo passi quattordici, questo multiplicato in tre e un settimo
fa quarantaquattro passi, e questa somma sarà tutto il
suo circuito. Poi pigliate la metà della sua larghezza
quale è sette, e la metà del suo tondo quale è
ventidue, e multiplicate sette in ventidue: somma centocinquantaquattro;
e questo sarà tutto il campo, cioè passi centocinquantaquattro.
Eccovi la figura.

Se
'l campo sarà non ritondo ma circuito da più archi,
cavatene prima tutti e' quadrati che entrano, e tutti i trianguli;
come dicemmo di sopra, così fate. Resteranno quelle parti
simili a una luna amezzata o scema. S'ella proprio sarà
parte quanto un mezzo circulo, saprete quanto sarà il tutto
per la via di sopra del circulo, e divideretelo per mezzo. Se
sarà parte e minore che un mezzo circulo, simile a uno
arco, gli antichi feciono una tavola per la quale si misura la
corda insino alla schiena dell'arco, e con questa tavola pigliavono
assai espressa certezza; ma son cose molto intrigate e non atte
a questi ludi quali io proposi. E quanto attaglia a vostri piaceri,
basta cavare tutti e' quadranguli e tutti e' trianguli, e ridurli
a squadra, come dicemmo di sopra, in questa forma.

Pur
se volessi averne qualche principio a comprendere la loro ragione,
convienvi dividere la corda in due parti e multiplicare l'una
nell'altra. Verbigrazia, sia la corda quattro passi, direte due
volte due fa quattro; e poi torre la saetta e multiplicarla nel
resto dal diamitro, quale se sarà uno, il resto del diametro
sarà numero quale multiplicato per uno farà quattro.
Sarà adunque quattro, e direte uno vie quattro fa quattro,
quali due numeri composti, cioè uno e quattro, mi danno
tutto el diametro che fia cinque. Partite cinque per 1/2, resta
2 1/2; levatene tutta la saetta, cioè 1, resta 1 1/2;
multiplicate questo che resta nella metà della corda,
e arete in tutto il pieno di questa parte, che fa 3. Questo procede
se sarà meno che mezzo circulo. Se sarà più,
empierete per questa via quel che manca.
Columella
pone molto aggiustato certe parti che ha queste misure, e questa
farà al nostro proposito. Se la corda dell'arco sarà
piedi sedici, la freccia piedi quattro, aggiugnete questi due
numeri, faranno venti. Annoverate questa somma quattro volte;
sarà ottanta. La metà è quaranta, e della
lunghezza della corda la metà è otto; quale aggiunta
alla metà della corda fa quarantotto. Dividete la somma
in parte quattordici, sarà tre e poco più; qual
parte quatuordecima aggiunta a quaranta farà circa a quarantaquattro.
Tanto sarà questo arco. A similitudine di questo farete
gli altri. Sono queste ragioni molto alte, simile molto degne,
e tratte di gran dottrina. Ma mio proposito qui è solo
recitarvi cose gioconde. Adunque lasceremo queste suttilità.
Perché
mi chiedesti qualche cosa commoda a condurre l'acque de' fiumi
e rivi e simili, reciterò qualcuna attitudine rara. Ma
se vorrete vedere a pieno e distinto tutta questa materia, cioè
che ragione fu di trovare le vene dell'acqua, con che arte si
deducano, qual sia il modo de' condotti, qual sia l'ordine de'
rivi, quale argumento moderi e' fiumi e rompi i loro empiti, in
che modo e' si volgano e transportinsi altrove, vedrete que' miei
libri de architectura, quale io scrissi richiesto dallo
Illustrissimo vostro fratello, mio signore, messer Leonello, e
ivi troverete cose vi diletteranno.
Fannosi
molti instrumenti per livellare l'acqua. Questo vi piacerà,
però che è brieve e iustissimo. Togliete il vostro
dardo o altra cosa che sia ben diritta, e se non avete regolo
diritto, fate uno arco lungo un passo o più e mettetelo
in corda, e a ciascuno de' capi legate un filo lungo quattro piedi
o più, e fate che sieno a una lunghezza equali, e legate
e' capi di questi due fili che pendono insieme. Così arete
fatto uno triangulo del quale due lati sono e' fili, il terzo
lato è il dardo o vero la corda del vostro arcione. Nel
mezzo proprio della corda del dardo o vero dell'arco ponete una
cera per segno, e dove si legano i due fili insieme legatevi un
terzo filo lungo quattro piedi, e sievi appiccato uno piombino
dall'altro capo che pende, e chiamisi questo angulo, dove questi
tre fili sono annodati insieme, A. La prima cocca e capo
del dardo si chiami B, la seconda C, la cera in
mezzo del dardo D, el piombino E, come qui vedete
la figura.

Questo
instrumento si chiama equilibra, colla quale si misura ogni cosa.
Quando l'angulo starà appiccato a cosa che lo sostenga,
come s'appicca una bilancia, s'e' pesi posti l'uno al capo B,
l'altro al capo C saranno equali, el filo AE che
pende col piombino, proprio batterà in sulla cera D.
Adunque voi fate col porvi e diminuirvi e' pesi che la equilibra
stia proprio equale. Usasi questo instrumento a più altre
cose, massime a livellare l'acqua. Voi mirate per lo diritto della
linea BC, e secondo la sua partita pigliate l'altezza dell'acqua.
Ma qui molti s'ingannano livellando, prima che non intendano che
la terra sia ritonda e volge in modo che sempre da qual parte
voi sete a livellare pare essere più alta che l'altra.
Non mi estendo in dimostrarvi dove sia noto il suo volgere e ambito,
e quanto rispondano e' vostri migli a' gradi del cielo. Tanto
vi sia persuaso che in ogni nove mila piedi la terra volge in
basso uno piede declinando dalla dirittura di qualunque livella.
E se volete sanza calculo operare, livellate di qui in là,
e segnate le mire, e poi di là in qua e segnate pur le
mire alle sue parità, e di tutta la differenza pigliate
il mezzo e questa vi sarà atta misura.

Ancora
si vuole non por l'occhio molto presso alla equilibra, ma pongasi
alquanto discosto per modo che sotto el vedere sieno a uno filo
quattro distinti punti, cioè la cosa mirata, uno; el punto
della equilibra, due; el punto C, tre; e il quarto sia
l'occhio vostro. Adunque voi, dove misurasti la equalità
del terreno, sappiate che l'acqua nulla si muove, ma si sta in
collo s'ella non ha la china sua almeno per ogni miglio un terzo
di braccio, e questo non vi satisfarebbe s'ella non corresse a
dirittura, però che trovando intoppo di volte soprasta
e fermasi. Se la ripa dov'ella batte sarà ferma e soda,
l'acqua fa come la palla nel muro, quale mandata a costo al muro
poco si sparte lungi dal muro, s'ella viene mandata discosto dal
muro, ella molto discosta donde ferì nel muro e fugge in
là in traverso. Così l'impeto dell'acqua, s'ella
trova il suo opposito poco obliquo, poco si deduce; s'ella lo
truova molto atraversato, ella si deduce assai, e batte e rode
la ripa contraria. Onde molti che non intendono, pur riparano
indarno alla sua ripa quando doverriano levare o smussare il suo
contraposto o sopra sé fare pari un altro traversato, onde
l'acqua ruinando contra il suo contrario imparasse pigliare il
corso diritto. Ancora l'acqua rode sotto dov'ella cade e dov'ella
fa alcuno refluo, però che il peso cadendo el refluo commuove,
e l'acqua intorbidata correndo il porta via. Questi principi per
ora bastino.
Questa
equilibra misura ogni peso in questo modo: quanto el filo piombinato
AE si scosta dalla cera D, tanto quel peso a cui
sarà più vicino pesa più che l'altro dell'altro
capo. Conoscesi quanto sia, così. Quante volte dal capo
del dardo sino al filo AE entra nella parte che resta del
dardo, tante volte l'uno di questi pesi entra nell'altro. Verbigrazia:
sia il dardo lungo piedi sei; sia dal capo B un peso di
libre quattro, e dal capo C un peso di libre due; troverrete
il filo AE sarà vicino alle libre quattro, tanto
che quella parte sarà di tutto dua e l'altra sarà
quattro piedi. Potrei con questa equilibra mostrarvi misurare
ogni distanza, ogni altezza, ogni profondità. Ma queste
per ora credo bastino. Eccovi l'essemplo del pesare le cose come
qui incontra sarà il disegno.

Ma
poi che facemmo menzione de' pesi, forse sarà a proposito
mostrarvi in che modo si pesi un superchio peso, come sarebbe
il carro co' buoi e col suo carico, solo con una statera che porti
non più che libre cinquanta.
Ordinate
un ponte simile a questi levatoi, e accommodatelo in modo con
le sue catene ad alto ch'egli stia ataccato a un capo d'una trave
lunga, qual sia atraversato sopra l'arco della porta, simile come
s'adattano i ponti levatoi. E sia da questo luogo della trave
dov'è posata sul suo bilico sopra della porta sino alle
catene, meno che del detto bilico sino all'altro suo capo che
vien dentro dalla porta; e chiamisi il capo delle catene A,
e il capo dentro B, el bilico C. Al capo B
ponete una tagliuola, e accommodate il capo della fune che lavorerà
per questa tagliuola, giù entro della porta a un certo
naspetto che la carchi, e chiamisi D questo luogo. All'altro
capo della fune attaccherete la vostra statera accomandata con
uno de' sua uncini in terra in questa forma, e chiamisi questo
capo E, come vedete la pittura.

Quando
el carro e' buoi saranno su questo ponte, tirate giuso il capo
E della fune, e accomandate la statera al luogo D.
El ponte andrà in alto. Basta se va quattro dita suso.
Dico che se una volta annovererete quante libre del carro porti
una oncia della vostra stateretta, a quella regola peserete poi
sempre tutte l'altre. E sievi ricordo quanto vi dissi testé
qui sopra, che la parte più lunga della trave AB
quante volte ella empie la minore, tante libre porta a numero
una libra che gli sia posta in capo; e la tagliuola simile, quante
volte la fune va giù e su, tante volte si parte il peso
per modo che una libra porta quattro e sei secondo il numero dello
aggirarsi.
Ricordami
che ancora io vi ragionai in che modo si possa dirizzare una bombarda
sanza vedere dove abbi a dare la pietra. Parmi di non lo preterire,
più tosto per mostrarvi una pratica della vostra equilibra,
che per ragionare di cose aliene della dignità e autorità
vostra. Farete adunque così.
Fate
pesare e notare quanta polvere e che pietra e coccone e zeppa,
e segnate bene tutto il sito della bombarda com'ella stia posta
e adiritta. El modo di segnarla certo è questo. Fate una
tacca sull'orlo di fuori della bombarda alla bocca alto in mezzo,
e un'altra simile alla coda. Di qua e di qua a capo e a piede
ficcate in terra stecchi, e notate quanto la bombarda sia discosto
da essi stecchi. Poi suspendetevi sopra la vostra equilibra, e
dirizzate la sua dirittura per sopra le tacche che son fatte nella
bombarda, e notate dove batte el filo piombinato in la equilibra,
e quanto ciascuno de' sua capi stia lontano e vicino alle dette
tacche. E per dirittura del capo dove ella sta posta, mirate il
contrario luogo opposito al luogo dove volete dare, e dove la
mira della vostra equilibra batte, ponetevi segno. Fatto questo,
diesi fuoco alla bombarda. Voi vedrete dove ella diede, e menderete
lo alto e 'l basso e il costiero la seconda volta movendo il segno
che voi ponesti adrieto, e a quello segno così mosso dirizzando
la vostra equilibra, e sotto l'equilibra movendo la bombarda.
Vorrebbesi che questo segno fusse tanto distante quanto il luogo
dove volete dare. A trovarlo aoperate le pratiche di sopra. Eccovi
la pittura di questo che ho detto fino a qui. Qual ragione molto
gioverebbe a chi usa la balestra, ma non mi estendo in che modo.

Voglio
alle cose dette di sopra aggiugnere certo instrumento atto, come
per voi consider(er)ete, molto a questi bisogni, e massime a chi
aoperassi il trabocco e simili macchine bellice. Ma io l'aopero
a cose molto delettevoli, come a commensurare il sito d'un paese,
o la pittura d'una terra, come feci quando ritrassi Roma. Adunque
insieme vi darò questa pratica.
Misurate
il sito e ambito d'una terra e di sue vie e cose in questo modo.
Fate un circulo su una tavola larga almeno un braccio, e segnate
questo circulo in parte tutto atorno equali quanto voi volete,
e quante più sieno, meglio sarà, purché sieno
distinte e nulla confuse. Io soglio dividerlo in parte dodici
equali, tirando diametri tutto per entro al circulo. Poi el lembo,
cioè il dintorno, tutto divido in parte quarantotto, e
queste quarantotto parte chiamo gradi. E più divido questi
gradi ciascuno in parte quattro, e chiamoli minuti. A ciascun
grado scrivo el numero suo simile a questo qui dipinto.

Quando
vorrete fare la vostra pittura, porrete questo instrumento in
luogo piano e alto donde voi possiate vedere molti luoghi della
terra quale voi volete ritrarre, come sono campanili, torre e
simili. E abbiate un filo con un piombino, e scostatevi da questo
instrumento due braccia, e mirate a una a una le cose note in
modo che 'l vedere vostro passi a uno riguardo per il filo piombinato
e per mezzo del centro del cerchio, e dirizzisi alla torre qual
voi mirate. E secondo il numero che 'l vedere taglierà
all'estremità del circulo verso dove voi mirate, così
voi fate memoria su qualche vostra carta di per sé. Verbigrazia:
fingete d'essere sulla torre del castello col vostro instrumento
e mirate la porta lassù, e vedrete che 'l vedere passa
pel venti gradi dove è la divisione due minuti. Scrivete
sulla vostra carta: porta di sopra venti gradi e due minuti. E
non movete l'instrumento, ma movetevi voi e mirate gli anguli.
Forse il mirar vostro batterà sopra dove starà scritto
nell'instrumento trentadue gradi e niuno minuto; più scrivete
anguli trentadue. E così simile tutti gli altri, sanza
muovere l'instrumento. Fatto questo, andrete altrove in luogo
pur simile e veduto da questo primo, e porrete il vostro instrumento,
e statuiretelo che proprio stia sulla linea medesima di quel numero
per quale voi prima lo vedesti al diritto sul vostro instrumento,
cioè che se da quella torre prima sino a qui una nave avesse
a navicare, verrebbe per quel medesimo vento segnato 20.2, o 32.0,
e simile. E qui farete pure il simile come voi facesti al castello:
noterete dintorno e farete di tutto memoria su un'altra cartuccia.
Item
più andrete a un altro terzo luogo, e pur farete il simile,
notando tutto e di tutto facendo memoria. Pongovi la pittura di
questo modo che dovete osservare; la qual pittura sarà
dimonstrativa, come è detto.

Adunque
farete così. Comincerete sulla vostra tavola dove volete
fare la pittura, e fate un punto dove vi pare atto alla figura
di tutta la pittura, e questo sia il sito d'uno di quelli luoghi
donde voi notasti le cose. Verbigrazia: sia il castello; scrivete
qui sopra el fatto punto: EL CASTELLO. E in su questo punto ponete
un piccolo instrumento di carta largo mezzo palmo, partito e fatto
simile a quello grande col quale voi notasti le cose, e assettatelo
che 'l suo centro stia proprio in su questo punto, e di qui dirizzate
tutte le vostre linee secondo che trovate scritto nella vostra
memoria. Simile fate un secondo punto dove vi pare nella linea
testé da voi notata alla tavola, qual linea vi nomina uno
degli altri due luoghi dove voi mirasti le cose, e in su questo
punto secondo ponete pure un simile instrumento piccolo di carta,
e assettatelo che risponda alla linea al numero qual nomina sulla
vostra memoria CASTELLO, cioè che l'uno e l'altro instrumento
sieno a una linea insieme rispondenti l'uno all'altro secondo
che essi insieme si nominano. E dirizzate ancora quinci tutte
le linee al numero loro notati da voi in sulla vostra carta, e
dove la linea del primo instrumento vi chiama, verbigrazia Santo
Domenico, si taglia insieme con la linea del secondo instrumento,
qual pur chiami Santo Domenico, ivi fate un punto e sopra scrivete
SANTO DOMENICO. E simile fate di tutte l'altre cose. S'egli accadrà
che queste due linee dette non si taglino bene insieme in modo
che molto sia chiaro il suo angulo, ponete un altro simile piccolo
instrumento sul terzo punto donde voi notasti le cose, e questo
assettate simile agli altri che fra loro rispondano le loro linee,
e questo tutti vi manifesterà a pieno. Il dimonstrare queste
cose a parole non è facile, ma la cosa in sé non
è difficile, ed è molto delettevole, e con questo
si fanno più cose, come per voi considererete.
Con
questo diedi modo di ritrovare certo acquedutto antiquo, del quale
apparivono alcuni spirami ed erono le vie precluse entro al monte.
Con questa via intenderete che si può notare ogni viaggio
e avolgimento di qualunque labirinto e d'ogni diserto sanza pericolo
d'alcuno errore.
E
con questo potete misurare le distanze molto a punto, e se volete
misurare quanto sia a dirittura dalla Torre dello Asinello sino
al Castello, così faremo.
Ponete
il vostro instrumento racconcio come di sopra dicemmo, pel quale
numero si vegga la Torre detta, e notatelo, e poi mirate un altro
luogo alquanto distante da questo dove testé sete. Verbigrazia,
voi sete dall'uno de' capi del corridoio del Castello; ponete
un certo segno all'altro capo, e lì miratelo, e notate
i suo gradi e minuti. Poi ponete il detto instrumento su quest'altro
capo del corridoio da voi notato, e assettatelo come noi dicemmo,
che risponda a uno la sua linea per diritto del corridoio, e di
qui mirate pure la detta Torre, e notate al vostro instrumento
e suoi numeri. Fatto questo, abbiate in sala o altrove in piano
uno spazio, e come volessi fare la pittura detta di sopra, fate
vostri punti, e dirizzate le linee con l'instrumento proprio come
di sopra dissi, e dove le si tagliano, segnate in questa forma.

Dico
che quante volte lo spazio dall'uno di questi punti segnati all'altro
entra in una di queste linee segnate dal punto dove si tagliano,
tante volte entra lo spazio dall'uno de' capi del corridoio sino
all'altro nello spazio qual sia dal luogo di quel punto sino all'Asinello.
Vedetelo lì notato la figura a numeri. Se dall'uno punto
all'altro è once dieci, e da questo punto sino a lì
dove si tagliano le linee sono once duecentoventi, direte che
da quello luogo suo del corridoio sino alla Torre dell'Asinello
sono ventidue volte quanto è da uno de' capi del corridoio
all'altro. E questo vi servirà bene a piccole distanze,
ma alle distanze maggiori bisogna maggiore instrumento. E io voglio
dar modo che con tre ciriege misurerete quanto sia a dirittura
da Bologna a Ferrara.
Misurate
ogni gran distanza così. Poniamo caso che voi vogliate
misurare quanto sia a dirittura dal monasterio vostro sino a Bologna.
Andate in su qualche prato grande dove si può vedere Bologna,
e ficcate in terra due dardi diritti come dicemmo di sopra, ma
ponetegli distanti l'uno dall'altro mille piedi o più quanto
vi pare, purché l'uno vegga l'altro e ciascun di loro vegga
Bologna, in modo che tra loro tre, cioè Bologna e li due
dardi, faccino un triangulo bene sparto. Fatto questo, cominciate
da uno de' dardi quale forse sarà più presso verso
Ferrara, e ponetevi con le spalle verso Ferrara col viso verso
questo dardo, e mirate verso il secondo dardo la giù, addirizzando
il vedere vostro per questo primo qui dardo; e su quella linea
che farà in terra il vostro vedere, lungi dal dardo venti
piedi ponete un segno, e se piace a voi, sia una ciriegia. Poi
volgetevi col viso verso Bologna, e mirate per dirittura di questo
medesimo dardo, e in terra simile nella linea qual farà
lì il vostro vedere, lungi trenta piedi ponete una rosa
o quello vi piace. Arete adunque notato in terra uno triangulo,
del quale uno angulo verso Ferrara sarà el dardo, verso
il mare sarà una ciriegia, verso Bologna sarà una
rosa. Chiamasi adunque el dardo qui A, la ciriegia B, la rosa
C. Misurate quanto sia da B ad A, e quanto da A a C, e da C a
B, e notate bene queste misure appunto. Fatto questo, ite al secondo
dardo, e volgete il viso verso Ferrara, e scostatevi venticinque
piedi, e per questo secondo dardo mirate a dirittura il dardo
primo, e per questa dirittura, quale fa il vostro mirare, ponete
una ciriegia presso a questo dardo primo quanto stava B presso
ad A. Poi volgete il viso verso Bologna, e per la dirittura di
questo dardo mirate Bologna, e in terra su quella linea ponete
una rosa distante dal dardo proprio quanto fu nel primo triangulo
distante C da A, e terrete un filo da questo dardo fino alla rosa.
Fatto questo, tornate dove ponesti la ciriegia, e per dirittura
di questa ciriegia mirate Bologna, e notate bene dove questo mirare
testé batte in terra e taglia il filo posto e tirato fra
'l dardo e la rosa, e qui ponete una bacchetta. Arete qui notato
un altro triangulo, quale uno angulo sarà il dardo, chiamisi
D, l'altro sarà la ciriegia, e chiamisi E, el terzo sarà
lo stecco, chiamisi F. E per meglio esprimere, eccovi a simile
la pittura.

Dico
che qui vi conviene considerare che voi avete tre trianguli, l'uno
è ABC, l'altro DEF, el terzo è quello il quale gli
anguli suoi sono l'uno Bologna, l'altro el dardo A, l'altro la
ciriegia E. Misurate quante volte entra la linea ED nella linea
EF nel suo piccolo triangulo, tante volte EA entrerà in
tutta la linea E persino a Bologna nel suo gran triangulo. Per
meglio esprimere, eccovi del tutto l'essemplo a numeri. Sia DE
dieci piedi, e sia EF quaranta piedi. Dico che come dieci entra
in quaranta quattro volte, così la linea e spazio EA enterrà
volte quattro nella linea e spazio fra E e Bologna; e se ED enterrà
trenta volte in EF, da qua dove voi operate sino a Bologna sarà
trenta volte quanto sia da A sino ad E. Ma perché non si
possano sempre vedere ad occhio le distanze, e giova sapere proprio
quanto la cosa sia distante, vi darò modo di misurare quanto
sia da Ferrara sino a Milano giacendo e dormendo, e in tanta misura
arete certezza per insino ad un braccio. Farete così.
Abbiate
un carro; quanto le ruote sono maggiori d'ambito, meglio fia.
In sul motto grosso della ruota, in quale stanno fitti e' razzi,
e nel quale entro pertusato passa quello ch'e' Latini chiamano
axis, cavate una fossetta non maggiore né più profonda
se non quanto essa riceva una sola pallotta. E fate una cassa
col suo pertuso sopra al vostro motto del carro, in modo che nessuna
pallotta esca se non quando volgendosi la ruota una sola n'entri
nella sua fossetta. Empiete questa cassetta di pallotte, e sotto
fatevi dove, quando volgendosi la ruota lasci la pallotta riceuta
nel pertuso fatto sotto, sia ricolta, o sacco o che si sia. Credo
per vostro ingegno intendete come secondo il numero delle pallotte
cadute vi saranno note le volte della ruota, e a voi sia noto
quanto volge la ruota. Conterete adunque tante pallotte, tante
ruote, e tante volte, tante braccia. Eccovi l'essemplo dipinto.

Questo
medesimo modo si può adoperare a conoscere la via per mare,
facendo la ruota che in scambio de' razzi sieno pale simile a
quelle de' mulini, e appenderla al lato della nave; del resto
farvi el simile ch'io dissi di sopra, una fossicella nel fuso
dentro quale entrasse nella nave. Ma voglio darvi certo modo raro
a conoscere quanto la vostra fusta vada per ora a qualunque vento
la muova. Fate così.
A
conoscere quanto navichi una vela, ponete il vostro pennello,
fatto non di piume ma di legno, fitto nella sua astola, e abbiate
una assicella sottile quanto un cuoio, lunga un piè, larga
quattro dita. Appiccatela con due guercetti giù basso alla
coda del pennello ultima, in modo ch'ella si muova non qua e qua
verso man destra o sinistra, quale fa il suo pennello e come fanno
gli usci, ma su e giù come fanno le casse quando l'aprite
o serrate; e sievi una parte d'uno arco quale penda in giù
attaccato in modo che quando questa assicella starà più
alta o più bassa, voi possiate ivi nel detto arco tutto
segnare e annotare. E per più chiarezza vostra eccovi la
similitudine di questo pennello e asse e arco.

Questo
non bisogna persuadervi che quando non trarranno venti, questa
assicella penderà giuso a dirittura, e quando sarà
poco vento, questa poco s'alzerà, e quando sarà
forte, ella starà sullevata assai. Convienvi avere adunque
notato e ben conosciuto altrove a luoghi noti a voi quanto la
vostra fusta corre per ora e per tanto vento che l'assicella s'alzi
a questo o a quest'altro segno, con queste vele tanto alte che
così adiritte, con questo carico, con tanti timoni in acqua
e simile; e questi segni e notazioni poneteli che vi sieno ben
certissimi e presenti. Adunque navicando porrete mente quante
ore corse la vostra fusta pel vento del tal segno, con l'altre
circunstanze a voi note, e così arete certa notizia del
vostro navigio, e non converrà arbitrare per altre conietture
le miglia come fanno oggi e' marinai.
Ancora
prenderete piacere di questo che gli antichi scrissono, come Ierone,
principe di Siracusa, fece certa opera d'oro di molto peso e di
gran magistero, quale fatta rispondea nella bilancia al peso dell'oro
quale egl'avea dato a' maestri. Ma intese ch'e' maestri artefici
dell'opera l'avevono ingannato e non era tutto il lavoro d'oro
ma era misto d'argento. Irato Ierone non volea però guastare
il lavoro, ma volea certificarsi. Commise ad Archimede matematico
questa causa. Archimede, uomo suttilissimo, sanza muovere o guastare
nulla tutto vide manifesto in questo modo. Fece due masse d'un
medesimo peso quanto fu l'opera fatta de' maestri, e di queste
due masse l'una fu puro oro, l'altra puro argento. Posele nell'acqua
in vasi ad una grandezza e a una forma simili e pieni ad un modo,
e vide che differenza restava di questa acqua nel vaso quando
ponendovi questa massa l'acqua traboccava fuori e si versava.
E così posevi poi l'opera, e proporzionando i pesi loro
insieme trovò certo il vero in tutto el lavoro. Fu ingegno
molto acuto.
Quanto
pesi l'acqua a proporzione dell'oro non scrissono gli antichi,
però che l'acque son varie. Ma truovo bene scritto quanto
a proporzione della cera pura pesino tutti e' metalli. E dicono
che un dado o palla o qual forma si sia di certa grandezza di
cera e pesi un'oncia, questa medesima sendo di rame puro peserà
oncie otto e denari sedici, e se sarà di rame ciprino,
peserà oncie otto e denaio uno; se sarà stagno,
peserà oncie dodici; se sarà piombo, peserà
una libra e denari sei; se sarà oro, peserà una
libra e oncie sette e denari nove. Di qui si può facile
comprendere per che cagione l'oro pesi nell'acqua più che
l'ariento, e la ragione è evidente. Sì che qualunque
corpo essendo pari a misura con l'acqua e in se pesi meno, questo
stia tanto sollevato e a galla quanto il suo peso sarà
minore, e starà pari immerso nell'acqua quanto pari tanta
quantità d'acqua sarà di peso pari a lui. E quelli
corpi che in sé pesano più che l'acqua, staranno
sotto, e quanto più peseranno, tanto più veloci
descenderanno e meno occuperanno dell'acqua, sento tutti d'una
figura e forma. Con questa ragione mostrai a questi dì
a questi architetti qui quanto pesi certa colonna di quale essi
contendevano fra loro. Presi alcuni pezzi di simile pietra e alcuni
di marmo del quale io ho noto certo il peso suo, e posili nell'acqua
e compresi la loro differenza. Potrei in simili cose molto estendermi,
ma queste per ora bastino. Se altro mi chiederete, lo farò
volentieri. Le misure de' corpi, come sono colonne quadre, rotunde
e aguzze, di più faccie, sperice e simili, sono materie
più aspre a trattare. Pur quando a voi dilettasse, potrò
ricorvele. Dubito non poterle dire se non come le dissono gli
antichi, e loro le dissono in modo che con fatica e cognizione
di matematica e appena si comprendano. Dicovi che molte cose lasciai
e non dissi, benché fussino molto dilettevoli, solo perché
i' non vedea modo poterle dire chiaro e aperto come cercavo dirle,
e in queste durai fatica non poca ad esprimerle e farmi intendere.